domenica 6 novembre 2016

Fiorire maggiormente.

Ho preso dei cactus.
Mi ricordano di pungere, quando serve.
Fiorire raramente.
Resistere. Sempre.
Uno di loro è rotondo, obeso ma gli altri cactus non lo prendono in giro.
Fiorisce una volta all'anno, solitamente quando tu non ci sei, per farti un dispetto.
Dovremmo imparare la pungente distanza che t'impone un cactus
che nell'unità di misura della sua spina ti suggerisce già le misure di sicurezza da prendere.
Dovremmo averle noi le spine, ogni tanto e fiorire per dispetto.
A volte ad osservarli mi sento io la pianta grassa.
Ricordate di bagnarmi ogni tanto e un po' di sole non guasta
altrimenti divento pallido.
Io cercherò di pungere il meno possibile.
Fiorire maggiormente.
Resistere, sempre.

Il lago dei cigni

Torniamo a parlare.
Ti prego torniamo a parlare.
Smettila sei ingiusto.
Dovresti smetterla di morderle.
Mi fai venire la voglia sul collo.
Torniamo a parlare.
E' ingiusto forse dovremmo parlare.
Così ti diverti solo tu.
Oddio.
Così spruzzo.
Ehi ti sporco il letto.
Oddio.
Oh oh Dio.



Stai straparlando.

Mistero

Noi siamo esseri a più strati
spessi
con grandi tasti d'avorio 
e mezzi toni di oscuro
che ci permettono di 
eseguire
melodie complesse.

lunedì 18 agosto 2014

Solo i palazzi sono rimasti a guardare.

Cemento che si erge solitario alla ricerca di Dio.
Gli uomini hanno smesso. Solo i palazzi sono rimasti a guardare il cielo.
Tagga. 
Modifica. 
Condividi. 
Per sentirci meno mortali.
E nel mentre?
Mortali e chini mangiamo.
Chini camminiamo.
Chini condividiamo ciò che non abbiamo visto.
Perché chini eravamo in quel momento. Chini e intenti a condividere.
E chini, ci siamo dimenticati per sempre la password di noi stessi.
Eppure, ci abbiamo impiegato ere ad ergerci, eretti, per guardare il cielo.
Perché essere chini, lo sapevamo già in quelle notti buie, ci portava solamente ad una cosa. A fare i Boc.

domenica 8 giugno 2014

Un chilometro di distanza.

Dove sei finita anima mia? Sei fra gli oggetti smarriti e polverosi in una stazione,
sei persa e frammentata come detriti e orbiti intorno a me?
Sei in un cesso zozzo in paesino di campagna?
O sei sul campo di battaglia che vaghi da trecento anni?
Dove cazzo sei?
A chi ti ho venduto?
Dove sei piccola anima mia?
Dove sei?
Per farmi battere il cuore devo portare il mio corpo allo sfinimento,
distruggerlo. Riempirlo di pillole e caffeina.
Ti ho venduto molto prima di quello che tu pensi.
Ti ho uccisa, programmando l'omicidio per filo e per segno.
A volte i saggi, quelli determinanti, i mentori si nascondono in improbabili e bellissimi corpi.
Sono essere posizionati qui per fare in modo che questo mondo abbia senso e quella giusta dose di bellezza.
Loro non lo sanno ma sono i custodi, gli angeli di questa terra inutile.
Non sono eterei, sono reali, vigili, sbagliati come tutti noi.
Soffrono e piangono.
Lei era un angelo, piena fiera e forte.
Gigante.
E capiva tutto.
Io vuoto, demonio di seconda categoria, errante individuo senza metà.
Ancor più senza meta.
Lei le disse: sei vuoto e disumano.
Sei un bluff. Se un inganno.
Sei un puntino inutile per tutti noi sulla carta.
Sei solo involucro, gonfiato.
Si cazzo! Sono una fottuta bambola gonfiabile.
Destinata a crollare sotto il suo castello di carte e di ossessione che mi sono comprato coi soldi di un'anima svenduta per due dollari e cinquanta centesimi.
Carte e ossessioni si moltiplicano nei secoli.
Sono falso come una moneta fatta in uno scantinato. Senza un briciolo di palle o di filigrana.
Moneta che gira, gira e poi viene beccata e portata al macero. In una sequela di scuse.
Scuse e scuse. Potrei riempire un enciclopedia con le mie scuse del cazzo.
Si mi hai svelato. Chiama la polizia! Sono un falso d'arte, fatto con le tempere.
Neanche i colori ad olio hanno usato per me.
Sono una persona da tenere a mille chilometri di distanza,
ed è giusto il mio esilio.
Tu sei mitica essere magico, indossi la pelliccia di lupo sopra la testa, un tempo eri uno sciamano e possedevi la visione.
Non è cambiato nulla, sei sempre quell'essere potente, in grado di decidere le sorti della tua tribù.
Solo che ci siamo moltiplicati, siamo sbagliati e meno mitici di quelli che radunavi nel capanno fumando l'erba calpestata dai bisonti.
Sta a te guerriera senza paura, cavalcare questo cazzo di pianeta, senza sella, all'alba.
I bisonti sono estinti e anche i guerrieri mitici.
Non scegliere di far parte di noi, oramai siamo vecchi e stanchi, e ci ubriachiamo in casinò appena fuori dalla grande riserva.
Inutili, disumani, ingannevoli.
Ma un tempo, secoli fa, grande sciamano, io ero il tuo capo tribù e difendevo le montagne, mentre tu mi insegnavi la magia.
Comandavo quel branco di cani della prateria con la tua benedizione.
E quanto è vero il dio, budda, allah o suor cristina ne abbiamo fatti di prigioniere insieme.
E nelle mattine che sapevano di metallo, quando tornavo al tuo capanno col cuore grondante di sangue del nemico nella mano destra, certo che avevo le palle, certo che avevo un'anima.
Un tempo eravamo guerrieri. Insieme.
Ti saluto grande sciamano e grazie per avermi fatto visita. Ancora una volta.



lunedì 2 giugno 2014

Solo.

Assolo di rumori, gente che preme per uscire, io preferisco star solo.
Solo mi combatto. Solo mi compete.
Solo studio l'invasione degli ultra corpi.
Solo non parlo, solo non dico cazzate.
Solo penso a quello che dico, ma non lo dico.
Solo mi arresto, solo mi faccio prigioniero e mi sbatto in isolamento. Da solo.
Solo sfuggo e rimango coi miei dolori. Non è vero teste di cazzo: non ho dolori.
Non ho acciacchi, mi hanno lasciato solo.
Se dovesse cadere una meteorite, ora, sarei di la prima scimmia evoluta del mondo che si leva da terra, in posizione eretta e applaude.
Solo penso a tutti quelli che fingono di essere qualcun altro.
Sei dannata baby, la solitudine ti ha ucciso.
La confusione ha messo in crack il tuo sistema operativo.
Sei da rottamare.
Senti solo quello che vuoi ma alla fine sei sola, perché non senti.
Maledettamente sola.
Sola col tuo destino frammano. Sola con la tua penna rossa a correggere congiuntivi e parole.
Sola perché non hai un briciolo di talento. Solo cinque cose, ricorda.
Virtù, saggezza e speranza, nei secoli dei secoli e così sia.
Solo cinque cose. Solo.
Che bastino!
Fai andare quelle dita, che sia qui o su un corpo caldo e bagnato.
Fai andare quelle dita, lasciale sfogare le mille anime che albergano il tuo corpo frammentato e stanco.
E pensa all'essere immortale e mai così mortale.
Solo, a pezzi come un puzzle.
Sparso per la stanza ad aspettare, che sia il vento a rimettermi insieme.
Solo, assolo del nulla e nel silenzio aspetto di trovare arte, bellezza e speranza.
E se non sarà così, solo sarà la bellezza.
Solo sarà l'arte.
E solo la speranza.
E vi aspetto in piedi, dinosauri millenari. Vi aspetto applaudendo.
Solo cinque cose: una meteora, un mare di dinosauri inconsapevoli, rumori di fondo, una scimmia che si erge nella foresta bagnata, il primo applauso della storia.
Boooom e l'estinzione.
E tutto lascia spazio al solo più solo che c'è.
Mi inchino a voi, e spargo parole come seme sulle vostre teste.
Solo mi evolvo.
Solo mi compiaccio.
Solo mi estinguo.
E non c'è tristezza, perché sono solo come un albero che cade nella foresta.
Quanta poesia, bellezza e speranza c'è in tanta solitudine.
Ora mi rimetto i panni mortali, le mie dita si fermano.
Torno fra voi, occhio però...
la meteora è dietro l'angolo, in ogni momento, in ogni singolo attimo.
E non deve necessariamente piombare dritta giù dal cielo.


lunedì 28 aprile 2014

I biscotti della sfortuna.

Fa freddo.
Tanto passa, dicono...
Gli esperti del meteo.
Uomini egocentrici che decidono le sorti di migliaia di individui. Non voglio sapere se c'è il sole, se una nuvola piscia. E se parlo del tempo è perché voglio trattenere pensieri che hanno la forma di dardi impazziti.
Gli uomini del meteo invece non hanno niente da dire, e voi nulla di meglio da ascoltare.
Ero così stufo che le spedii messaggi. "Sento il tuo odore da 4km di distanza".
Era una gatta, pericolosa nera scura.
Amara come un burro dolce e mielosa come un caffè ristretto.
Ristretto come il suo punto vita.
Era la fotocopia del mio animo, la mia versione in bianco e nero.
Io sono rosso, verde militare, marrone.
Lei nella sua stanzetta d'hotel, rimbalzando qua e la, prigioniera.
Il regime carcerario non si ottiene solamente sparando, stuprando, rubando, a volte basta essere fighe.
Lei ci comanda fra pizzi e merletti. Patinata si trasforma in carta e lascia che gli rubino l'anima.
E lei ne perde un pezzettino alla volta, lo sa ma sta zitta, fa finta di nulla.
Il potere delle sue curve era nell'aria, era lei ad aver attirato la pioggia, solo per stanarmi.
Io barcollavo fra i riflessi delle luci nelle pozzanghere e non avevo di certo voglia di fare le scale.
E ora sono qui che premo e tremo, il mio cazzo sotto questa pioggia sa di petrolio.
E il tempo scorre. E le parole escono a caso, senza preservativo. Una storia non ce l'ho, perché dovrebbero averla i miei racconti.
Ansimava, diventava rossa, sulle guance lacrime metropolitane o forse pioggia mentre si strusciava credendomi un corpo. Alluvione di rimmel e baci come tuoni.
Non c'era niente di social in quel gemito, non era un cinguettio preceduto da tante @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
e quello che colava su quelle gambe avorio era caldo, vero, sporco.
E capii!
Sono le nostre anime ad essere nero su bianco.
Intrappolate in questa realtà virtuale le nostre coscienze danzano zoppe.
Puoi leggerle, sul cesso, prima di uscire la mattina.
Che non t'incontri mai Alice, altrimenti ti porto con me, ti costruisco un tetto dove farti guardare a vista dalla luna. Ti regalo un coniglio bianco e ti dipingo la stanza di regine di cuori, e alle 4.10 prendi il tè con me, sperando che abbia bruciato i biscotti della sfortuna.
Ti vengo a prendere facendo un nodo con le mie lenzuola sporche e ti faccio scappare di lì.
Ma non per sempre. Me ne sarai grata, mi amerai e poi vorrai tornarci. Alle tue prigioni, chi può farne a meno.
Sapete cosa faccio ora?
Prendo la mira, uccido l'uomo del meteo, così cazzoni miei non saprete in anticipo cosa mettere domani.
Io di certo non lo voglio sapere, mi accontento e mi lecco le dita.