lunedì 27 aprile 2009

Damoni


Damoni sulla 90.
Socrate raccontava di sentire dentro una voce suadente suggerire azioni, giudicare comportamenti. Al sottoscritto capita invece di sentire dentro una voce antica, sarà quella di Socrate? O ipocondria? Disillusione? Disturbo da personalità multipla?
Scelgo un'ombra a caso da indossare. Mi incammino nello spazio concessomi, intorno metalli pesanti e fumi viola. Con le zampe sporche di porpora – evitando come sempre di chiedere permesso – dritto verso la stazione ovest. Fischiettando. Dando nell’occhio - oramai sono abituato a spostarmi senza preavviso - facendolo notare a tutti per quanto possibile.
All’apparenza ero senza un pretesto fondato per essere soddisfatto, se non aver ricominciato a viverci dentro. Sbuffavo vapori pittoreschi, camminavo barocco e attento ai dettaglio di un passo. Sartoria classica rivista: mi chiesero più volte di essere formale. Mandai tutti a fan culo.
Indossavo la giacca a quadretti verdi, il bavero alzato che piace tanto qui sotto.
Certo che la fotosintesi del mio animo malato è un processo palesemente ignoto: giusto per rendervi partecipi filtro per direttissima sensazioni complesse, le riverso in anidrite carbonica tutte le sante volte, contribuendo al buco dell’ozono.
Eccola. Ecco perché l’hanno passata a me. Slavata, rimmel colato . Eccola che sporca i muri, passeggiando su stessa. Sento l’odore del suo sesso a cento metri.
Devo farti una domanda.
Non parlare per favore.
Rispondi o altrimenti ti mando per direttissima. Senza finale a sorpresa.
Cazzo fai, minacci?
No, eseguo. Ordini in agenda baby. Sono zelante questa notte e ho voglia di tornare a casa.
Damoni. Quando smettere di credervi Dio?
Non mi parlare così che mi lusinghi, e soprattutto non chiamarmi in quel modo. Chiamami soluzione d’ora in poi, cerchiamo di mantenere le dovute distanze.
Fottiti.
Cosa credi di fare questa notte, non vorrai prenderti una congestione con tutto questo freddo. Siete sotto lo zero.
Senti pipistrello, vedi di smetterla di ronzarmi intorno.

Improvvisamente un violino gitano incominciò a scandire i secondi: avevo meno di un minuto prima di dover usare le maniere forti.
Mi raggiunsero al gran completo. Colorati, pittoreschi, come al solito senza Dio. Quell’ammasso informe – alcuni di loro avevano ancora gli occhi cuciti con il filo spinato - faceva sempre la sua sporca figura.
Per politica aziendale dobbiamo camuffarci, angeli e damoni: loro si vestono con gusto celestiale, ma noi dettiamo la moda. Ovunque. Nei secoli da secoli.
Paura?
Macchè! Oramai non mi spaventa nulla.
Vedi, questo conferma che è giunto il momento di unirti a noi piccola: fatti prendere da questo incubo baby, rilassati.
Certo che in questo mestiere ci vuole proprio la pazienza di un santo.
Mi guardò bella, senza ritegno.
Si chinò e tirò fuori il mio cazzo.
Permetti che me ne vada con classe?
Accomodati signorina, attenta a non affezionarti troppo: è solo corpo.
Attento tu. Io lo faccio con l’anima.
Esseri umani, quanto non capite un cazzo.
Sparimmo nella notte, fissati per sempre in questa figura: sopra non fecero in tempo a salvarla. Anche questa volta abbiamo vinto noi. Nei secoli vinceremo.
Perlopiù sono decisamente in gamba: ecco perché posso permettermi di fare questo mestiere con un po' di stile.
Rimasero solamente i suonatori: anche questa sera ho portato i miei mostri a fare una pisciatina.
Ben vestito, ignorando tutto quello che succede nell’universo egli si piegò - beandosi nella sua presuntuosa consapevolezza mortale - e prima di scendere in metropolitana posò una banconota viola nel piatto delle offerte.
Quella sera aveva chiuso un grosso affare.
E’ il prossimo. Si riconoscono subito. Stanotte però non si fanno straordinari.
A casa mi aspettano.